Succede che una nuova, piccola casa editrice si affacci sul mercato. Pazzi? Temerari? Visionari? Che importa, la devozione cartacea irride qualsivoglia schermo di qualsiasi smartphone. Succede che si presenti con simile dichiarazione d’intenti: “Siamo una casa editrice che pubblica libri esclusi dal piacere letterario, opere che hanno rischiato di perdersi. Un laboratorio di forme dove è inutile fare con più ciò che si può fare con meno. Proveremo a lasciarci orientare dalle preferenze e dalle occasioni, proponendo un catalogo di narrativa, saggistica, poesia ma non prevediamo collane, perché non siamo inclini agli inquadramenti, alle sezioni”.
La casa editrice si chiama Occam, chissà se c’è un rasoio nella loro redazione. Beh, se il buongiorno si giudica dal mattino, la giornata di Occam sarà deliziosa. L’esordio è con Augusto Monterroso. Un gigante della letteratura, quasi invisibile, tale è l’esiguità - voluta, rivendicata, praticata, amata - dei suoi lavori.
Non potrà mancare nello scaffale della biblioteca - sezione eletti: con Debord, Manchette, Manganelli, Cesarano - La parola magica, 127 pagine che Occam, appunto, ha testé consegnato alle librerie. Il risvolto di copertina racconta (a chi non lo conosce, e sono molti) del nostro.
“Scrittore di racconti di una sola riga, Monterroso si diverte a lanciare i suoi piccoli ordigni letterari, sempre più piccoli, sempre più perfetti. E tanto più gli riesce di colpire, quanto più si fa invisibile. Come in questa raccolta di saggi, miniature narrative, aneddoti, satire che per esattezza e densità ricordano un classico latino. Ma Monterroso non è un classico latino, è una delle massime voci della letteratura ispanoamericana del Novecento”.
Già. Nasce nel 1921 in Honduras, a quindici anni è in Guatemala, dal 1944 sarà in Messico, fino all’addio, nel 2003. Esordisce nel 1959 con Opere complete e altri racconti. Poteva esserci titolo più genialmente irridente? Un esordiente che è già alle opere complete.
Aperta parentesi: quel titolo è nella sezione eletti in due edizioni: Auieo, 2003, Trento, traduzione di Marco Perilli (vi compare l’autoritratto a matita che trovate nei paraggi di queste righe) e Omero editore, 2013, Roma con traduzione di Helen Carosi.
E’ in queste pagine che compare il racconto più breve del mondo che ha consegnato Monterroso ad una fama che merita di essere allargata a tutti gli altri suoi scritti: le insegne di un uomo libero, felice, che ha dedicato la sua vita a togliere parole anziché ad aggiungerle.
Dimenticavamo: quel racconto. Il titolo è Il dinosauro. Leggiamolo, insieme.
Quando si svegliò, il dinosauro era ancora lì.
Ma come dimenticare Fecondità? Il racconto compare nell’antologia I racconti più brevi del mondo, Fahrenheit 451 editore, 2005. Leggiamolo, insieme.
Oggi mi sento bene, un Balzac; sto terminando questa seconda riga.
Si trova dell’altro, a fatica. Spicca Come mi sono sbarazzato di cinquecento libri, Edizioni Henry Beyle, 2014. Un saggio - nove pagine - sulla vanità del possedere libri e sulla necessità di superarla, eliminando appunto i libri dalla propria biblioteca, purché “cinquecento alla volta”.
Basta così. La convinta celebrazione di uno scrittore, di un grandissimo scrittore (Calvino lo adorava), che ha indicato la strada maestra della brevità, non può andare oltre le 520 parole di questo scritto.
Ottimo Carlo :-)
Carlo grazie della piacevole lettura!