1° giugno 1307. Tra le fiamme di un rogo muore Margherita Boninsegna, detta anche Margherita da Trento e Margherita la Bella. All’esecuzione assiste il suo compagno, Dolcino da Novara, il religioso, eretico radicale, fondatore di un movimento definito precursore dell’anarchismo cristiano: subito dopo viene a sua volta giustiziato. Quella di Dolcino e Margherita è vicenda che si perde nelle nebbie del tempo, eppure continua a parlare al nostro inquieto presente. Lo fecero Dario Fo e Franca Rame nel loro Mistero buffo. Lo fa, ora, anche un potente romanzo, fresco di stampa. Ne è autore Fabrizio Bozzetti (Milano, 1971), scrittore e sceneggiatore (il suo primo contratto gli viene offerto da Nanni Moretti nel 2005) con all’attivo numerosi lungometraggi, corti, testi teatrali, saggi e opere di narrativa. Tra queste, appunto, Margherita dei ribelli, sottotitolo: Sorella eretica, rivoluzionaria, edito da DeriveApprodi (416 pagine, 20 euro).
Nel 1303 la diciassettenne Margherita Boninsegna fugge dalla sua nobile casata di Arco per inseguire un’inquieta vocazione. Sempre più insofferente alle ingiustizie di un Medioevo dominato da cinici condottieri e da una Chiesa avida e corrotta, si unisce all’eretico più temuto dell’epoca, Dolcino da Novara. È l’inizio di qualcosa di unico, che sfocia in una complicità rivoluzionaria per i tempi. Braccati dall’Inquisizione, assieme creano una comunità fondata su uguaglianza, fraternità e libero amore : un’utopia contro cui il papato di Clemente V scatena la prima crociata mai combattuta in terra italiana. Un’epopea realmente avvenuta, un’avventura in cui Margherita si lancia, sempre più accesa di passione, trasformandosi da fanciulla a donna, al suono di un canto di rivolta.
Abbiamo intervistato Fabrizio Bozzetti (nella foto).
Nelle note finali dichiara d’aver citato in alcuni passaggi lo slogan “Siamo il grido altissimo e feroce di tutte quelle donne che più non hanno voce”, scandito da chi sostiene l’associazione Non Una di Meno. Perché proprio Margherita Boninsegna per quest’omaggio?
Mi è parsa un esempio potente di come le donne siano state, nei secoli, private di voce e ruolo. Sebbene fosse al centro di eventi epocali, di Margherita non ci è rimasta parola alcuna – e il romanzo è pure un tentativo di restituirle voce.
Cosa testimonia, oggi, un personaggio come Margherita?
Il coraggio di prendere posizione, di battersi per ciò in cui si crede anche quando il mondo sembra tutto volgersi in direzione contraria.
Quanto il suo romanzo è fedele resoconto storico e quanto invece finzione letteraria?
Ho cercato di rispettare tutte le fonti note. Ad esempio, in una prima stesura il fratello di Margherita moriva nel 1305; poi, imbattendomi in verbali dell’Inquisizione secondo cui risultava vivo nel 1332, ho deviato il corso della freccia che l’uccideva. Tuttavia, la vicenda di Margherita è stata così rimossa che le fonti non offrono, come invece capita di solito, una sovrabbondante mole di dati tra cui scegliere per scavare un ritratto, ma al contrario vaghe e isolate luci, quasi puntini che ho provato a unire disegnando una nuova costellazione.
Sono i vincitori che scrivono la storia ed eretici e rivoluzionari finiscono spesso relegati in secondo piano. C’è spazio oggi, in questo nostro tempo, per nuove “sorelle Margherite”?
Più che altro, ce n’è bisogno. E ciò che Margherita insegna è che, per avverse che siano le condizioni, è sempre possibile ritagliarsi uno spazio di libertà e azione, quando serve.
È corretto dire che, nella vicenda ribelle di Dolcino e Margherita, lei ha scelto di illuminare in particolare la figura della Boninsegna?
Sì. Ne ho avvertita l’esigenza sin da principio, pure per equilibrare il fatto che, sebbene Dolcino stesso assegnasse nelle proprie lettere primaria importanza a Margherita, finora nessuna narrazione l’aveva mai posta a protagonista assoluta.
Una curiosità: per raccontare il versante trentino della vicenda, ha avuto bisogno di venirci di persona?
Già conoscevo Trento e dintorni, che ho sempre trovato incantevoli e affascinanti. Nei cinque anni di lavoro per completare il romanzo ho avuto, più che il bisogno, il piacere di ripercorrerli immaginando come dovevano essere nel ‘300. In più, l’editor Elisa Magro ed io abbiamo cercato di esplorare e raccontare pure un aspetto più arcano legato alla natura del Trentino: oltre ai panorami, le erbe officinali e i segreti dei boschi che Margherita man mano scoprirà…
Lei è sceneggiatore di successo, oltre che scrittore. È ipotizzabile un film o una serie ispirata a “Margherita dei ribelli?”
La mia curiosità verso queste vicende nacque, in effetti, da un progetto di lungometraggio su Dolcino. Il romanzo poi mi ha permesso di reimmaginarne le gesta con una ricchezza di dettagli e snodi narrativi decisamente sovrabbondanti per un film, ma perfetti per una serie. L’arco di sviluppo della storia e dei personaggi si presterebbero benissimo a quel tipo di narrazione, più ampia, articolata e varia nei toni, dato che si parte da un racconto di formazione, con Margherita dapprima diciassettenne, che divampa in una storia di passione e amore, sino a sfociare nell’epica, con l’assedio crociato e la tenace resistenza dei protagonisti.
Un'altra Margherita!